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Giulia Caporgno TwirlingTorinese di nascita ma da sempre collegnese, Giulia Caporgno ha deciso all'età di 24 anni di dire basta con il twirling agonistico. Un lungo percorso, il suo, iniziato quando aveva solo tre anni: "Mia sorella Sara voleva fare ginnastica ritmica - racconta Giulia - ma a Collegno non c'erano società di settore. Così mia madre la portò a fare twirling ed io, piccolissima, le seguivo. Piangevo e non volevo più andarmene dalla palestra. Così la mia prima maestra, Antonella Carisio, usò tutta la pazienza che un umano può avere con una "peperina" com'ero allora e mi inserì con le altre. Ricordo che dai tre ai cinque anni mi "organizzavano" delle esibizioni che io credevo fossero gare, con tanto di coppe finali. Così il mio istinto agonistico - scherza Giulia - intanto si allenava!". Le prime competizioni vere, per la Caporgno, arrivarono così all'età di 6 anni, come da regolamento.

Ma così colpi tanto Giulia per farla appassionare alla disciplina?: "Fu amore a prima vista - afferma oggi senza tentennamenti - e non so nemmeno spiegare perchè". Proprio come capita negli affetti forti. Un feeling che mai ebbe termine ed ancora oggi prosegue: "Ho scelto di abbandonare l'agonismo perchè ho dato molto e ritengo di non essere più in grado di farlo, sia per i problemi fisici che ho dovuto affrontare, sia per le difficoltà legate alla gestione degli allenamenti e delle trasferte. Ripartire di qui sarebbe stata dura e sinceramente non me la sono sentita. L'ultimo Europeo, quello di Heilsingborg, non mi ha dato delle belle sensazioni ed il ricordo non è esaltante. Non avrei voluto dire la stessa cosa del prossimo mondiale. Ho invece, e mi rimarrà sempre nel cuore e nella mente, una grande immagine del mondiale di Parigi del 2012, nel quale ho centrato l'argento nel duo in tandem con Daniele Zambito".

Quali sono stati gli altri grandi momenti di carriera targati Caporgno?: "La vittoria nel campionato di serie B, da Cadetta, datata inizio 2000, quella che mi ha poi consentito, seguita dalla mia seconda maestra, Nadia Devecchi, di entrare in serie A tra le junior; il 6° posto europeo, con il free-style, nel2004, in Svizzera; l'oro continentale nel duo, a Torino 2011". Oggi Giulia è impegnata nella conclusione del proprio percorso scolastico, ovvero il conseguimento della Laurea triennale in psicologia: "Mi mancano due esami e la tesi - conferma - e in questo periodo mi sto concentrando sull'obiettivo". Senza dimenticare il twirling, che la vede già protagonista nella veste di tecnico: "Ho iniziato alcuni anni fa ad insegnare il mio sport. Ora lo sto facendo, nelle ore che prima dedicavo agli allenamenti, in alcune società piemontesi, a Chivasso, Collegno e Venaria. Cerco di trasmettere alle giovani la mia esperienza e la passione per questo sport sottolineando che non bisogna mai desistere, anche quando i momenti sono negativi. Conl'applicazione, la passione e l'allenamento, i risultati prima o poi arrivano".

Quali le maggiori difficoltà per emergere nel twirling?: "Occorre avere alla spalle una famiglia che ti sostenga, come è accaduto a me. Lo sponsor, per gli allenamenti, le gare, gli spostamenti, è infatti quasi sempre familiare". Twirling perchè: "E' una disciplina nobile - prosegue Giulia Caporgno - e aiuta a crescere. I legami che si creano durano nel tempo, anche al di fuori del campo. Ciò vale per quelli con le atlete e gli atleti, così per quelli con le allenatrici. E' la vera forza del gruppo. E' stato così con Claudia Orecchioni, mia prima compagna nel duo, con le ragazze braidesi con le quali facevo parte del Team Italia di Collegno nel 2004-2005, con Daniele Zambito, un vero e proprio fratello". Nel passato sportivo di Giulia figura anche una breve esperienza con il calcio: "Ha coperto la mia epoca "mascolina". Ho giocato 1 anno e mezzo e si trattava di un esperimento a Pianezza. Quando ho dovuto scegliere non ho esitato a farlo per il twirling. Una cosa totalmente diversa e appagante". Chiudiamo con un aneddoto: "Quando ero piccolina mi allenavo per fare un certo tipo di esercizio, poi entravo in gioco ed inventavo, modificandolo. In prospettiva la mia maestra temeva che potessi fare una cosa simile anche in gara. Ero veramente difficile da gestire!". Se però i risultati sono poi quelli conseguiti, ben venga l'estro abbinato alla caparbietà.

Roberto Bertellino