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Federazione Italiana Twirling<<Camminavo in strada e sentii una musica. L’interesse fu fortissimo ed entrai in quella palestra per capire quale origine aveva>>. Sembra l’inizio di una favola ed invece rappresenta il primo approccio di Salvatore Adernò, nato a Noto nel maggio del 1999 ed atleta junior di Freestyle, con il twirling. La cosa si ripetè e dopo le informazioni prese da sua madre su cosa capitava in quel luogo ecco che Salvatore, all’epoca aveva 6 anni, iniziò a familiarizzare con questo sport: <<Mi è sempre piaciuta la musica – conferma – e quindi il ballo. Con il twirling riesco ad esprimermi in entrambi i settori>>.

I primi ricordi: <<Quando iniziai ero il più piccolo. Mi presentai alle maestre, Simona Moncada e Alice Finocchiaro, e fu subito feeling. A 7 anni feci le prime gare>>. Quali sensazioni provasti?: <<Un complesso di emozioni. Contentezza per la prova eseguita ma al contempo mal di pancia per l’agitazione>>. E oggi?: <<In parte è ancora così. Crescendo si impara però a gestire meglio i momenti>>.

E il rapporto con l’attrezzo, il bastone?: <<Tutto subito non facile ma se si hanno dei bravi maestri, ed è questo il mio caso, si riesce a progredire presto anche in questo senso>>. Tanto dal fare diventare il rapporto con il bastone anche un semplice momento di svago?: <<La mia passione sportiva è il twirling – prosegue Salvatore – il mio divertimento anche. Quando non mi alleno o non studio vado in giardino e gioco con il bastone>>. Frase significativa che evoca il rapporto di molti di noi, tornando alla gioventù, con il pallone da calcio, da basket, volley o la pallina da tennis.

Similitudini e specificità: <<Il twirling è bellissimo perché ti permette di fare tante conoscenze – afferma Salvatore – ed è un miscuglio di più sport. Per chi ama ballare come il sottoscritto è perfetto>>. Bronzo nella prova individuale junior agli ultimi Europei di Heilsingborg, Adernò guarda con fiducia al futuro: <<Devo ancora decidere se proseguire in stagione con il freestyle. Per ora mi alleno ma l’obiettivo è quello di entrare nel Team Italia in ottica Mondiali 2014 e pensare poi all’Europeo individuale nel 2015>>. 

Quali sono gli atleti ai quali guardi con maggior ammirazione?: <<Federica Italia e Fabio Agaliati – risponde senza esitazioni – La prima è della mia stessa società, il secondo è il suo compagno di duo. Li ammiro perché sono più esperti di me e soprattutto riescono a conciliare studi e sport, dando vita ad un duo a distanza, cosa per nulla facile>>. Salvatore è al primo anno di Liceo (Economia Sociale) e lo frequenta a Noto. Come ti rapporti con i tuoi compagni e come ti considerano?: <<A Noto il twirling è abbastanza conosciuto anche in ragione delle esibizioni che spesso mostrano la specialità ai più. Quando faccio vedere ai miei compagni cosa sono in grado di fare con il bastone rimangono di stucco. Una delle mie maggiori soddisfazioni è quella di poter dire che anche grazie a me molti bambini si sono avvicinati a questo sport>>.

Per quante ore ti alleni nel corso della settimana?: <<In genere faccio tre sedute, ciascuna di tre ore. I miei maestri sono quelli originari, ovvero Simona Moncada e Alice Finocchiaro, nonché Rossella Italia a Massimo Scotti>>. Il sogno ancora di bambino e, in prospettiva, di grande atleta?: <<Se il twirling dovesse diventare disciplina olimpica competere nella rassegna dei Cinque Cerchi>>. Anche in questa risposta è giusto leggere affinità con i sogni di tanti altri atleti che dedicano ore ed ore a migliorarsi ed inseguire le emozioni che solo un grande evento come l’Olimpiade può dare. Magari, Salvatore, un giorno succederà! 

di Roberto Bertellino

Margherita Rocchetti<<I miei inizi con il twirling – ricorda l’oggi 20enne Margherita Rocchetti – risalgono a quando avevo 6 anni. Fu mia mamma, con un passato da majorettes, a portarmi in palestra. Immediato il mio gradimento e da allora non me ne sono più allontanata>>. Le prime gare e le prime emozioni?: <<Direi subito – prosegue Margherita – e senza provare particolari titubanze. Quando si è così piccoli l’agonismo lo si vive in modo differente, più distaccato. E’ crescendo che cambiano le sensazioni e tutto, paradossalmente, diventa più difficile, proprio con la maggior consapevolezza acquisita>>.

Margherita Rocchetti è nata a Jesi, in provincia di Ancona, terra di campioni, e sta cercando di confermare questa caratteristica anche nel suo sport. Quali fino ad ora le maggiori soddisfazioni?: <<Il titolo Europeo di Freestyle, conquistato a Torino nel 2011 e, nello stesso anno, il 2° ed il 3° posto nell’International Cup in Florida. Il bronzo nel “Solo” e l’argento nell’Artistic Twirl>>.

Quali invece gli obiettivi stagionali?: <<Tornare a far parte stabilmente della Nazionale Azzurra ed entrare nel Team Italia – risponde senza indugi l’atleta – perché entrambe le cose rappresentano il massimo per chi pratica questo sport stupendo. In tale chiave sarà importante l’appuntamento del 9 e 10 novembre prossimi a Cantalupa, con la prima selezione della Nazionale e le gare del giorno successivo. Tutto ciò nell’ottica di partecipare ai Mondiali del prossimo anno a Nottingham>>.

Iscritta al 2° anno della Facoltà di Geologia presso l’Università di Camerino, Margherita Rocchetti ha imparato negli anni a conciliare studio e sport: <<L’ho fatto praticamente da subito e non mi è mai pesato. Occorre programmarsi adeguatamente e riempire gli spazi. Mi troverei meno a mio agio se avessi del tempo libero, da usare senza far nulla. Mi sono abituata a ritmi intensi e viaggi e non mi pesa>>.

Quante volte alla settimana Margherita è impegnata negli allenamenti?: <<Attualmente due perché sono alle prese con il recupero di un infortunio alla mano occorsomi dopo gli Europei di Heilsingborg dello scorso luglio. Un infortunio che mi ha impedito di prendere parte all’International Cup di Almere datata 2013. In condizioni normali mi alleno invece 4-5 volte la settimana. La sede è il Palacarifac di Cerreto d’Esi, sempre in provincia di Ancona e abbastanza vicino a Camerino, dove studio>>. Esiste un idolo da guardare e cercare di emulare per Margherità?: <<Sì, è la statunitense Jennifer Marcus, plurititolata in tutte le specialità, ancora grande agonista se pur a 30 anni. Mi ha curato l’esercizio di “Solo” nel 2011 ed è stato per me un grande momento sotto il profilo della soddisfazione personale>>. 

Come definirebbe l’ambiente del twirling ed il rapporto con gli altri atleti?: <<Nel complesso motivante e collaborativo. E’ chiaro che quando si va in gara la rivalità diventa primaria ma deve essere sana e costruttiva>>. Cosa l’ha attirata maggiormente del twirling?: <<Il dover coniugare la parte artistica, coreografie e musiche, con quella tecnica. Ho sempre avuto una buona manualità con l’attrezzo e questo aspetto mi ha condotta a cercare miglioramenti e invenzioni>>.

Obiettivo primario nel suo sport in chiave personale?: <<Riuscire ad esprimermi al massimo e provare proprio per questo motivo appagamento e soddisfazione. Quello che mi è successo all’Europeo del 2011>>. Sono dunque trascorsi 14 anni da quando l’allora piccola Margherita, dopo un’esperienza natatoria, mosse i primi passi nel twirling con la maestra Paola de Marchi, ma il trasporto per quello che all’epoca poteva sembrare un gioco non ha fatto che crescere. Anche in questo caso il segreto del successo è racchiuso nelle immutate emozioni. 

di Roberto Bertellino

Cliccando qui è possibile scaricare in formato pdf il programma della giornata.
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Circolare 004 - 24 OTT 2013 DIPARTIMENTO TECNICO NAZIONALE

Giulia Caporgno TwirlingTorinese di nascita ma da sempre collegnese, Giulia Caporgno ha deciso all'età di 24 anni di dire basta con il twirling agonistico. Un lungo percorso, il suo, iniziato quando aveva solo tre anni: "Mia sorella Sara voleva fare ginnastica ritmica - racconta Giulia - ma a Collegno non c'erano società di settore. Così mia madre la portò a fare twirling ed io, piccolissima, le seguivo. Piangevo e non volevo più andarmene dalla palestra. Così la mia prima maestra, Antonella Carisio, usò tutta la pazienza che un umano può avere con una "peperina" com'ero allora e mi inserì con le altre. Ricordo che dai tre ai cinque anni mi "organizzavano" delle esibizioni che io credevo fossero gare, con tanto di coppe finali. Così il mio istinto agonistico - scherza Giulia - intanto si allenava!". Le prime competizioni vere, per la Caporgno, arrivarono così all'età di 6 anni, come da regolamento.

Ma così colpi tanto Giulia per farla appassionare alla disciplina?: "Fu amore a prima vista - afferma oggi senza tentennamenti - e non so nemmeno spiegare perchè". Proprio come capita negli affetti forti. Un feeling che mai ebbe termine ed ancora oggi prosegue: "Ho scelto di abbandonare l'agonismo perchè ho dato molto e ritengo di non essere più in grado di farlo, sia per i problemi fisici che ho dovuto affrontare, sia per le difficoltà legate alla gestione degli allenamenti e delle trasferte. Ripartire di qui sarebbe stata dura e sinceramente non me la sono sentita. L'ultimo Europeo, quello di Heilsingborg, non mi ha dato delle belle sensazioni ed il ricordo non è esaltante. Non avrei voluto dire la stessa cosa del prossimo mondiale. Ho invece, e mi rimarrà sempre nel cuore e nella mente, una grande immagine del mondiale di Parigi del 2012, nel quale ho centrato l'argento nel duo in tandem con Daniele Zambito".

Quali sono stati gli altri grandi momenti di carriera targati Caporgno?: "La vittoria nel campionato di serie B, da Cadetta, datata inizio 2000, quella che mi ha poi consentito, seguita dalla mia seconda maestra, Nadia Devecchi, di entrare in serie A tra le junior; il 6° posto europeo, con il free-style, nel2004, in Svizzera; l'oro continentale nel duo, a Torino 2011". Oggi Giulia è impegnata nella conclusione del proprio percorso scolastico, ovvero il conseguimento della Laurea triennale in psicologia: "Mi mancano due esami e la tesi - conferma - e in questo periodo mi sto concentrando sull'obiettivo". Senza dimenticare il twirling, che la vede già protagonista nella veste di tecnico: "Ho iniziato alcuni anni fa ad insegnare il mio sport. Ora lo sto facendo, nelle ore che prima dedicavo agli allenamenti, in alcune società piemontesi, a Chivasso, Collegno e Venaria. Cerco di trasmettere alle giovani la mia esperienza e la passione per questo sport sottolineando che non bisogna mai desistere, anche quando i momenti sono negativi. Conl'applicazione, la passione e l'allenamento, i risultati prima o poi arrivano".

Quali le maggiori difficoltà per emergere nel twirling?: "Occorre avere alla spalle una famiglia che ti sostenga, come è accaduto a me. Lo sponsor, per gli allenamenti, le gare, gli spostamenti, è infatti quasi sempre familiare". Twirling perchè: "E' una disciplina nobile - prosegue Giulia Caporgno - e aiuta a crescere. I legami che si creano durano nel tempo, anche al di fuori del campo. Ciò vale per quelli con le atlete e gli atleti, così per quelli con le allenatrici. E' la vera forza del gruppo. E' stato così con Claudia Orecchioni, mia prima compagna nel duo, con le ragazze braidesi con le quali facevo parte del Team Italia di Collegno nel 2004-2005, con Daniele Zambito, un vero e proprio fratello". Nel passato sportivo di Giulia figura anche una breve esperienza con il calcio: "Ha coperto la mia epoca "mascolina". Ho giocato 1 anno e mezzo e si trattava di un esperimento a Pianezza. Quando ho dovuto scegliere non ho esitato a farlo per il twirling. Una cosa totalmente diversa e appagante". Chiudiamo con un aneddoto: "Quando ero piccolina mi allenavo per fare un certo tipo di esercizio, poi entravo in gioco ed inventavo, modificandolo. In prospettiva la mia maestra temeva che potessi fare una cosa simile anche in gara. Ero veramente difficile da gestire!". Se però i risultati sono poi quelli conseguiti, ben venga l'estro abbinato alla caparbietà.

Roberto Bertellino

Daniele Zambito TwirlingDaniele Zambito è uno dei big per antonomasia del twirling azzurro. Torinese, classe 1988, vive a Collegno ed è tesserato per l’Evergreen, società nella quale ha iniziato a misurarsi con la disciplina all’eta di 10 anni. Come è nato il percorso?: “Facevo le elementari presso la Scuola Italo Calvino di Collegno nella quale si svolgevano corsi di twirling. Ho preso parte ad uno di questi corsi ed il feeling – ricorda – è stato immediato. Fu subito passione ed oggi la stessa non mi ha abbandonato, anzi si incrementa ogni giorno di più. E’ questo il vero segreto, mio e credo di ogni sportivo. Fare ciò che ami cercando di dare sempre il massimo”. Tanta passione, dunque, che Daniele oggi ha iniziato a trasmettere ai giovani, attraverso l’insegnamento: “Da circa un anno insegno all’Evergreen e collaboro con altre realtà di settore della zona. L’impegno è quello di trasmettere emozioni e riuscire ad abbinare il momento ludico, essenziale per attirare i ragazzi, al tecnico. Quando smetterò con l’agonismo mi vedo ancora presente nel settore nella veste di insegnante”.

Zambito è un veterano della nazionale, realtà nella quale è entrato nel lontano 2001. Come è cambiato il twirling in tutti questi anni?: “I cambiamenti ci sono stati, sia sotto il profilo tecnico che regolamentare. Occorre adattarsi ai mutamenti e farlo in fretta per rimanere al passo. Soprattutto bisogna già farlo partendo dalla base, onde evitare errori che poi sarebbero difficili da correggere proseguendo l’attività”. Quali caratteristiche deve possedere uno specialista del twirling?: “Deve essere umile, competitivo, possedere una buona scioltezza del corpo e delle articolazioni, saper interpretare bene le musiche e l’esercizio, avere un’ottima dote di manualità con l’attrezzo. Il twirling è tante cose insieme, il mix di più sport e di più arti”. Quali sono stati i momenti più esaltanti della tua carriera?: “Il titolo di vicecampione del mondo di duo ed il bronzo mondiale nella rassegna di Parigi 2012 e la vittoria del titolo continentale di duo e singolo negli Europei torinesi del 2011. Grandi soddisfazioni, indimenticabili”. E gli attuali obiettivi?: “L’immediato è quello della selezione nella Nazionale maggiore, appuntamento che mancava da moltissimo tempo. Sono pronto e motivato. Sarà un momento arricchente per tutti, di confronto e crescita per l’intero nostro movimento. Poi guardo con fiducia al Mondiale del 2014 in terra britannica, a Nottingham. La speranza è quella di far bene ed entrare nel singolo tra i sei finalisti. Eguaglierei così le miei migliori performance datate 2002 e 2008”.

Quanto ti assorbe il twirling?: “Molto – risponde con fermezza Daniele – poiché gli allenamenti sono intensi. Dalle 2 alle 5 volte alla settimana, a seconda della vicinanza di gare o meno, per 3-5 ore a seduta. Lavoro fisico e tecnico. In più devo raggiungere la sede di allenamento, in genere Cantalupa, e ciò richiede un dispendio sia intermini economici che temporali”. La nota dolente è che l’atleta, pur di alto livello, in Italia è chiamato ad investire del proprio per continuare l’attività: “Confermo, ed è per questo che dobbiamo inserire il twirling nella quotidianità lavorativa che molti di noi già svolgono”. La tua?: “Faccio il pizzaiolo nell’attività di famiglia”. Prende il nome di Pizzeria Italia in Largo Luca della Robbia a Torino, nei pressi di piazza Massaua. Invidia dunque per altri sportivi, meglio pagati e seguiti. Quando può dar fastidio il fatto di dover sempre spiegare cosa si fa?: “Indubbio che un po’ di fastidio lo crei tale aspetto. Dover sempre spiegare di cosa si sta parlando a volte è spiacevole. Investire sulla maggior visibilità del nostro sport, dei suoi protagonisti e di chi lo vive con tanta intensità penso sia la strada giusta per dare un contributo al nostro movimento”.

Ricordi la tua prima gara?: “Sinceramente no, ma le emozioni che provavo da piccolo prima di un appuntamento agonistico sono rimaste inalterate. E’ per questo che non riesco a smettere!”. Ti sei dato una scadenza agonistica?: “So di essere un esperto, ma sinceramente no. Non ci penso. Potrebbe essere dopo i prossimi mondiali o forse no. Questo nuovo corso federale mi sta dando nuove motivazioni”. I tuoi idoli agonistici?: “I big giapponesi del twirling”. Cosa invidi loro?: “Il fatto di potersi allenare integralmente senza dover pensare ad altro”. E come si riesce a rimanere al loro passo?: “Difficile ma ci si può provare ottimizzando tutto, allenandosi con la cura del dettaglio in ogni momento”. Il twirling è assorbente per Daniele Zambito, ma quali le altre passioni?: “Amo viaggiare e scoprire, nuovi posti e nuove città. Anche attraverso percorsi brevi”. Più forti le emozioni che si provano in singolo, in duo o in team?: “La prova individuale è più appagante perché risponde a quanto hai fatto e seminato per te stesso. Vincere in duo o in team è però altrettanto esaltante poiché è il risultato di un lavoro di squadra che ha richiesto molto impegno e investimento. Quando non si è soli l’affiatamento, in gara e fuori, è determinante per arrivare al risultato. Noi l’abbiamo sempre avuto”.

La pizza preferita?: “Mi piacciono tutte ma la gorgonzola e salamino è quella che ha qualcosa in più, anche nella preparazione”. Deve essere certosina, come per un perfetto testimonial del twirling.

Roberto Bertellino